Everett Philipp Fahy Jr. (Darby, Pennsylvania, 29 marzo 1941 – Davis, California, 23 aprile 2018) è considerato, anche grazie al suo prodigioso occhio di attribuzionista, uno dei più grandi e rinomati conoscitori della pittura rinascimentale italiana. I suoi interessi per la storia dell’arte si manifestano precocemente, fin da quando “as child, growing up in Philadelphia, I got to know the Johnson Collection”, come riferisce egli stesso nella prefazione della tesi di dottorato.

Alla University of Virginia, dove completa il primo corso di studi (giugno 1962), ha la possibilità di frequentare John Pope Hennessy (1913-1994), figura chiave nel suo percorso formativo, che lo introduce alla disciplina storico-artistica e lo spinge a occuparsi di quello che diventerà uno dei suoi principali settori di indagine, la pittura toscana del secondo Quattrocento. È alle lunghe conversazioni con il maestro londinese che deve l’argomento della sua tesi di dottorato, discussa nel giugno del 1968 alla Harvard University sotto la supervisione di Sidney Joseph Freedberg (1914-1997) e James Ackerman (1919-2016). In essa lo studioso affronta, sotto forma di liste, il catalogo di oltre venti pittori toscani che si formarono all’ombra di Domenico Ghirlandaio (1448-1494). Questa ricerca, che insiste su un terreno tutto da dissodare nonostante la notorietà e la fortuna critica del maestro fiorentino, sarà pubblicata nel 1976 con il titolo Some Followers of Domenico Ghirlandajo ed è tuttora considerata il punto di partenza e di riferimento per la conoscenza della cultura figurativa tosco-fiorentina del XV e del XVI secolo.

Gli anni del dottorato a Harvard (1963-1968) sono decisivi per la sua carriera. Nel medesimo tempo Fahy ottiene anche importanti borse di studio che gli permettono di soggiornare dal 1964 al 1966 presso Villa I Tatti a Firenze, dove ha modo di frequentare importanti storici dell’arte come Roberto Longhi, Anna Banti, Luisa Vertova, Ulrich Middeldorf, Millard Meiss. Ritrova anche Federico Zeri, che aveva conosciuto tra il 1963 e il 1964 a Harvard in occasione dei suoi celebri seminari. A questo stimolante periodo risalgono le sue prime pubblicazioni su importanti riviste, prima fra tutte «Paragone», che dimostrano fin da subito il suo sensazionale e precoce acume.

All’età di soli ventisette anni, subito dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, Everett Fahy diventa Consultant del Dipartimento di Pittura Europea del Metropolitan Museum of Art di New York (1968-1969), assumendone poi il ruolo di Curator l’anno successivo (1970-1973). È un periodo di intensa maturazione per lo studioso sia in ambito storico-artistico sia in quello museale, favorito anche dalla costante frequentazione di Zeri che all’epoca si stava occupando della redazione dei cataloghi della pittura fiorentina (1971) e veneziana (1973) del museo newyorkese. Con l’ingresso al MET, New York diventa la sua città: vi acquista quella che sarà la sua abitazione per tutta la vita, un elegante appartamento affacciato su Central Park, nell’Upper West Side di Manhattan, e arredato con una ricca collezione di dipinti (messa all’asta il 26 ottobre 2016 presso Christie’s) che rispecchia il suo gusto eclettico e raffinato.

Benché abbia ricoperto alcuni prestigiosi incarichi presso la New York University dapprima come Associate Professor quindi come Adjunct Professor fra il 1969 e il 1976, l’attività didattica non è mai stata per Fahy il suo obiettivo esclusivo. Nel contempo si affinano sempre più le sue competenze nel campo della museologia, tanto che nel 1973 viene nominato Direttore della Frick Collection, ruolo che mantiene per ben tredici anni (sarà direttore emerito a partire dal 2005). Dal 1986 al 2009 è infine Chief Curator del Dipartimento di Pittura Europea del Metropolitan Museum. Oltre a questi illustri incarichi, tra gli anni Ottanta e Novanta Everett Fahy dirige “The School of American Ballet” (1986-1989), “Save Venice” (1987-1995) e la “Metropolitan Opera” (1990-2002), a dimostrazione dei suoi molteplici interessi nonché del suo profondo legame con la città.

Uomo di rara generosità intellettuale, sempre disposto a intrecciare lunghi dialoghi epistolari con chi lo contattasse e a condividere il materiale raccolto meticolosamente durante la sua vita, Fahy è stato membro attento e sensibile del Collegio scientifico della Fondazione Federico Zeri, alla quale ha destinato la sua straordinaria fototeca, attualmente oggetto di un ampio progetto di valorizzazione attraverso la catalogazione online.

Everett Fahy si spegne nella sua casa di campagna a Davis, in California, all’età di settantasette anni.