Bologna, Fondazione Federico Zeri
9 giugno-29 ottobre 2021
[lunedì-venerdì, 10.00-17.00]
Ingresso gratuito. Per accedere alla struttura è obbligatorio il Green Pass.
Visite guidate gratuite:
martedì 28 settembre, 17.00
martedì 19 ottobre, 17.00
Prenotazione obbligatoria: fondazionezeri.fototeca@unibo.it
È un'incisione alla capacità di tutti, una matita ubbidiente come il pensiero, uno specchio in cui si fissano le immagini. Il dagherrotipo sarà compagno inseparabile del viaggiatore, e renderà comuni le più belle opere dell'arte di cui non si hanno che copie a caro prezzo ed infedeli; si avranno i quadri di Raffaello e di Tiziano. Infine esso provvederà a tutti i bisogni dell'arte e ai capricci della vita.
(François Arago, Presentazione dell’invenzione della fotografia all’Accademia delle Scienze di Parigi, 7 gennaio 1839)
Il progetto espositivo nasce dalla constatazione del ‘primato’ dell’Urbinate nell’ambito della fotografia di documentazione del patrimonio. Tale supremazia è stata innanzitutto temporale. Le opere di Raffaello sparse in tutta Europa furono oggetto della prima ricognizione fotografica su larga scala dedicata a un artista, voluta dal principe Alberto d’Inghilterra e realizzata tra il 1853 e il 1876. Questa impresa evidenziò i limiti del nuovo mezzo nella restituzione dei rapporti tonali dei dipinti, ma anche le sue grandi potenzialità per la documentazione di altri oggetti artistici. Grazie all’adozione di raffinate tecniche di stampa, i fotografi giunsero ben presto a produrre foto con le identiche misure e tonalità dei disegni originali: veri e propri fac-simile che molto contribuirono alla conoscenza del corpus raffaellesco e, più in generale, all’allargamento e ‘democratizzazione’ degli studi sulla grafica.
L’esposizione prende avvio dalle riproduzioni al carbone e in collotipia prodotte a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento, in grado di restituire in maniera mimetica le qualità cromatiche e materiche dei disegni del maestro. A queste date la diffusione dei dipinti di Raffaello tramite la fotografia passò soprattutto attraverso la riproduzione di incisioni di traduzione che, spesso appositamente commissionate, risultavano ben più fotogeniche degli originali.
Dall’inizio degli anni Ottanta i progressi tecnici condotti sulle emulsioni fotografiche permisero di raffigurare in maniera efficace e diretta i capolavori raffaelleschi. Nei cataloghi commerciali dei professionisti attivi su scala nazionale, ma anche in specifici contesti locali, ai dipinti dell’artista è sempre dedicato il maggior numero di immagini proposte all’acquisto, a dimostrazione di una stretta corrispondenza tra sviluppo della fotografia, evoluzione della critica d’arte e storia del gusto.
L’esposizione presenta l’estrema varietà dell’offerta posta sul mercato che includeva fototipi dalle tonalità, misure e montaggi più diversi, destinati evidentemente a differenti categorie di fruitori: non solo studiosi e artisti, ma anche turisti, collezionisti e semplici amanti del bello che grazie al nuovo mezzo si avvicinavano all’arte. Alle opere pittoriche di Raffaello sono dedicati anche i primi particolari fotografici e il maggior numero di grandi formati. Queste fotografie, di cui la mostra espone 12 esemplari incorniciati, per la loro bellezza e inalterabilità possono essere considerate veri e propri surrogati dei dipinti, adatti ad essere appesi alle pareti e a decorare le nuove dimore borghesi.
Fondamentale fu il contributo dato dalla fotografia allo sviluppo della disciplina storico artistica e al lavoro dei conoscitori. Federico Zeri, in particolare, se ne avvalse per dirimere alcuni problemi attribuzionistici su opere associate a Raffaello e per documentare l’immensa fortuna visiva di alcune sue composizioni.
Il caso particolare della riproduzione della Santa Cecilia nella Pinacoteca Nazionale di Bologna chiude l’esposizione. Tra i materiali presentati in mostra: la prima fotografia conosciuta di quest'opera eseguita nel 1868 da Emilio Anriot, cartes de visite dal vero e dall’incisione prodotte da Deroche e Poppi negli anni Settanta, stampe positive dipinte a mano proposte prima della diffusione del colore, fotografie a luce radente eseguite attorno al 1930 a scopi diagnostici.
La ricchezza della documentazione, su questo e sugli altri soggetti raffaelleschi, testimonia come la fotografia abbia sempre riflesso il gusto dell’epoca e abbia a sua volta contribuito a formare la cultura figurativa di generazioni di fruitori.
Un artista fotogenico
La fortuna fotografica di Raffaello
Bologna, Fondazione Federico Zeri
9 giugno-23 settembre 2021
A cura di
Francesca Mambelli
Con la collaborazione di
Giulia Alberti
Francesca Candi
Alessandra Lombardo
Luca Mattedi
Elisa Montecchi
Davide Ravaioli
Conservazione
Lorenza Fenzi
Comunicazione
Marta Forlai
Si ringrazia
Cineteca di Bologna, Biblioteca Renzo Renzi
Università di Bologna:
Biblioteca delle Arti – Sezione di Arti visive «I.B. Supino»
Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica
Sistema Museale di Ateneo
La mostra è promossa dalla Fondazione Federico Zeri in occasione del convegno internazionale Raffaello: mito e percezione organizzato dal Dipartimento delle Arti dell'Università di Bologna e dal Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut (diretta streaming, 9-11 giugno 2021).