di Francesca Mambelli
Il primo riferimento di Federico Zeri alla collezione Ranghiasci di Gubbio e a una delle opere che facevano parte di questa straordinaria raccolta si data al 1956. Prima ancora di essere incaricato della redazione del nuovo catalogo dei dipinti italiani del Metropolitan Museum, Zeri scrive a Elisabeth Gardner, sua futura collaboratrice in questa impresa editoriale, comunicandole la scoperta del frammento mancante dello stendardo di Spinello Aretino conservato nel museo newyorkese, da lui rintracciato presso il Camposanto Teutonico di Roma (Zeri 1958, schede nn. 1746 e 1747).
 
 
Lo stendardo, come si sarebbe chiarito successivamente, era uno degli oltre 500 dipinti che costituivano la collezione umbra, formatasi alla fine del Settecento e completamente dispersa a partire dall'asta del 12-20 aprile 1882.
Nel luglio del 1966, dopo quasi dieci anni di ricerche, la Gardner, che nell'estensione delle schede si occupava in particolare della provenance dei dipinti, scrive a Zeri di essere finalmente riuscita a recuperare il catalogo di vendita della collezione Ranghiasci. Propone quindi di inviargliene una copia in modo che possa lui stesso «find some other treasure in it, perhaps in the Walters» (Archivio Fondazione Zeri, Carteggio Metropolitan, n. 222).
Il raro fascicolo entra quindi a far parte della collezione di cataloghi d'asta di Federico Zeri. Una raccolta che, al di là delle imponenti dimensioni (37.000 volumi) e del valore intrinseco di molti degli esemplari conservati, assume un'importanza straordinaria grazie al sistema di rimandi interni e di riferimenti incrociati con le altre tipologie di documenti raccolti dallo studioso: fotografie, libri, documenti d'archivio.
Nel caso della collezione Ranghiasci, la disponibilità di questi materiali ha permesso di avviare un'opera di ricostruzione, tuttora in corso, rivolta in particolare alle numerose tavole di primitivi che componevano la quadreria, provenienti in massima parte dalle Marche e dall'Umbria (Mambelli 2010). Grazie alla documentazione fotografica di Zeri, estremamente ricca per queste aree, allo studio approfondito del catalogo dell'asta e a quello, in parallelo, di un inventario manoscritto della collezione steso nel 1877, è stato possibile rintracciare nei musei di tutto il mondo circa trenta dipinti sicuramente appartenuti ai Ranghiasci (Mambelli 2011). In alcuni casi si è trattato di identificazioni ex novo, in altri di conferme a notizie frammentarie date dalle fonti o a singole segnalazioni di altri studiosi. Al lavoro di individuazione puntuale è stato affiancato uno studio dei meccanismi di composizione della raccolta e delle tre diverse personalità, Sebastiano, Giacomo e Francesco Ranghiasci, che contribuirono alla sua creazione. In questo modo si è potuto ricostruire, almeno parzialmente, quello che è stato un episodio collezionistico di grande rilevanza su cui, dopo le indagini condotte da Bruno Toscano (1971) e, più di recente, da Francesca Chiocci (2001), non si erano registrati altri contributi significativi.
 
Nel database cataloghi d'asta della Fondazione Zeri, alla descrizione bibliografica del Catalogo dell'asta Ranghiasci del 1882 sono state collegate le schede delle opere identificate messe in vendita in quell'occasione. Oltre alle quattro tavolette del Maestro del polittico Ranghiasci, studiate da Zeri in occasione dell'estensione del catalogo del Museo Amedeo Lia, al Compianto del Maestro di Figline e alla Deposizione di Pietro da Rimini, già ricondotti ai Ranghiasci da Boskovits (1984, p. 329), appartenevano alla raccolta numerosi fondi oro e tavole a tempera di piccole dimensioni. Tra quelli individuati segnaliamo un gruppo, poi confluito nel Museum of Fine Arts di Boston, composto da opere di Niccolò di Buonaccorso, Starnina (schede nn. 974997509751), Niccolò Alunno e Lorenzo Costa. Visto il sostanziale contributo alla formazione della quadreria dato da Giacomo Ranghiasci, vescovo di San Severino Marche dal 1816 al 1838, non stupisce la presenza massiccia di dipinti di artisti marchigiani: da Agabiti a Boccati, da Nardini al Maestro di Staffolo. Sono stati identificati quadri di pittori umbri, come Fiorenzo di Lorenzo e Bernardino di Mariotto, o di artisti toscani realizzati per Gubbio e territori limitrofi: tra questi il trittico di Sano di Pietro della galleria Doria Pamphilij, il polittico di Giovanni Toscani originariamente nella chiesa eugubina di San Girolamo e ora nel castello di Crottorf in Germania, alcuni scomparti di Taddeo di Bartolo provenienti dalla chiesa di San Domenico di Gubbio, già in collezione Serristori e passati all'asta da Sotheby's Firenze il 6 novembre 2007 (lotto n. 322), un polittico del '300 fiorentino attualmente presso la Trinity Church di New York.
 
   
 
La conferma di alcune delle identificazioni è venuta dal confronto con i disegni di Johann Anton Ramboux (Francoforte, Städelsches Kunstinstitut) e con gli schizzi di Cavalcaselle (Venezia, Biblioteca Marciana) che visitarono la raccolta rispettivamente nel 1835 e nel 1860. In altri casi chiarificatore è stato lo studio incrociato dei cataloghi d'asta delle collezioni in cui confluirono successivamente alcuni pezzi.
È questo ad esempio il caso dei dipinti passati nelle collezioni Nevin e Ferroni. Che alcune delle opere Ranghiasci fossero state acquistate dal reverendo Nevin, anch'egli, come ha sottolineato Mauro Minardi (2012), appassionato raccoglitore di tavole umbre e marchigiane, era cosa nota agli studiosi. Così come conosciuto era l'acquisto da parte di Joachim Ferroni di alcune opere in occasione dell'asta Nevin del 1907. Nel Catalogo della vendita Ferroni del 1909 sono indicati come provenienti dalla collezione Nevin, tra gli altri, anche i quattro scomparti principali del polittico del Maestro di Figline la cui predella con il Compianto, già ricordata, è di sicura provenienza Ranghiasci (schede nn. 1611161216131614). Tuttavia la descrizione delle tavole non trova una corrispondenza all'interno del catalogo Nevin, né viene indicato il numero di lotto della vendita, come per le altre opere appartenute al reverendo. Ciò ha indotto a mettere in dubbio l'attendibilità della notizia.
 
 
  A chiarire la vicenda e a confermare invece il passaggio Nevin sono le illustrazioni del catalogo Ferroni, delle quali Zeri conserva la campagna fotografica originale: i dipinti riprodotti mostrano infatti lo stesso marchio in ceralacca che compare su molti altri quadri Nevin. Con questa sicurezza, è possibile scorrere nuovamente il Catalogo Nevin del 1907 e trovarvi elencati, al lotto n. 222, «due parti di polittico: in una i santi Giacomo e Pietro, in alto l'angelo annunziante; nell'altra S. Francesco ed un altro Santo, in alto la Madonna. Fondo oro».
La descrizione appare in tutto corrispondente a una voce dell'inventario Ranghiasci del 1877: «340. Due Dittici, con i Santi Francesco e Andrea, Pietro e Giacomo, in campo d'oro, alti centimetri 94 per 74, con sopra due circoli con l'Annunziazione di Maria, Scuola Umbra del principio del 1400, in tavola». 
Queste fonti documentano non solo la provenienza Ranghiasci, oltre che del Compianto, anche degli scomparti principali del polittico del Maestro di Figline, ma anche il diverso assemblaggio con cui le tavole si presentavano fino al 1907. Un elemento importante per il nuovo tentativo di ricostruzione avviato nel 2008 da un'équipe internazionale facente capo al Courtauld Institute di Londra (Cannon 2009). La presenza di questi e altri frammenti del polittico nella collezione eugubina sembra confermare infine l'ipotesi di Boskovits secondo cui la tavola venne eseguita non per Firenze, come sostenuto da Volpe, ma per una chiesa francescana di Gubbio o dintorni.
 
Il lavoro di ricerca condotto sulla collezione Ranghiasci è confluito nel database cataloghi d'asta della Fondazione Zeri, oggi disponibile online. Tramite il collegamento con le schede delle opere vendute, la notizia sintetica e 'muta' del record bibliografico si trasforma in un collettore di informazioni storico-artistiche e viene arricchita da un ricco corredo iconografico. La possibilità di transitare dal catalogo dell'asta Ranghiasci a quelli delle vendite ad essa collegate consente di seguire i movimenti delle opere ricavando informazioni preziose per la storia della collezione e, più in generale, per quella del mercato dell'arte a cavallo tra Otto e Novecento.
 
 
Bibliografia
 
Zeri 1958
Federico Zeri, Reintegrazione di uno stendardo di Spinello nel Metropolitan Museum, «Paragone», IX, 105, 1958, pp. 63-67
 
Toscano 1971
Bruno Toscano, Note sul collezionismo dei primitivi umbri, in Storia e arte in Umbria in età comunale, atti del VI convegno di Studi Umbri (1968), Gubbio 1971, pp. 121-164
 
Boskovits 1984
Miklòs Boskovits, A critical and historical corpus of Florentine painting. The Fourteenth Century: The Painters of the Miniaturist Tendency, sez. III, vol. IX, Firenze 1984
 
Chiocci 2001
Francesca Romana Chiocci, Una famiglia di “amatori d'arte” tra Settecento e Ottocento: i Ranghiasci da Gubbio, tesi di laurea, Università degli Studi Roma Tre, a.a. 2000-2001, relatore L. Barroero
 
Cannon 2009
Joanna Cannon in Giotto e il Trecento. Il più Sovrano Maestro stato in dipintura, a cura di A. Tomei, Milano 2009, pp. 188-190
 
Mambelli 2010
Francesca Mambelli, Di alcuni primitivi nella collezione Ranghiasci Brancaleoni di Gubbio, «Annuario della Scuola di specializzazione in beni storici artistici dell'Università di Bologna», VIII, 2010, pp. 89-103
 
Mambelli 2011
Francesca Mambelli, Il museo disperso dei Ranghiasci nell'inventario del 1877: premesse all'edizione critica, in 1909-2009. Il Museo di Gubbio: memoria e identità civica, atti del XI convegno di studio (Gubbio 2009), Pisa-Roma, 2012, pp. 221-256
 
Minardi 2012
Mauro Minardi, Studi sulla collezione Nevin. I dipinti veneti del XIV e XV secolo, «Saggi e Memorie di Storia dell'arte», XXXVI, 2012, pp. 315-350 (vedi anche)