“Tutto questo tipo di produzione su lavagna e su vetro poi su pietre semipreziose e su specchio, forma un grande corpus che si stacca completamente da quella che è la pittura su tela, su tavola o ad affresco, e che ha sempre un connotato di preziosità, di rarità quasi misteriosa in certi casi, e poi cessa con la fine dello stile Barocco, per essere ripreso solo saltuariamente nel secolo XVIII e anche nel secolo XIX (…)”.
Nel 1997 Zeri esprime con queste parole la sua intuizione, davvero pionieristica rispetto agli studi coevi nel settore, intervistato da Anna Zanoli nel documentario dedicato alla collezione di Vittorio Giulini, la più importante raccolta privata di dipinti su pietra (Federico Zeri presenta una collezione di dipinti su pietra, di Anna Zanoli, 1997, 62').
Con una visione d’insieme, Zeri tratteggia i contorni della fortuna storica e collezionistica della pittura su pietra e vetro che riconosce “in rapporto con un certo amore per l’insolito, per il bizzarro, per il prezioso che è caratteristico del periodo post rinascimentale”. Ne individua le origini nella lezione di Sebastiano del Piombo e negli aulici modelli delle pale d’altare romane su pietra del secondo Cinquecento. Esamina la diffusione dei manufatti nel collezionismo veneto e centro italiano. Non solo gli artisti delle scuole pittoriche della penisola, ma maestri d’oltralpe, olandesi o di area germanica, esponenti del manierismo internazionale, percorrono le possibilità artistiche dell’olio su alabastro, su lapislazzulo, diaspro, ametista, agata, marmo, onice, lavagna.
Tale nozione della specificità delle opere su supporti litici si traduce nell’ordinamento della Fototeca Zeri, dove le quasi 500 fotografie di dipinti su pietra e su vetro sono riunite in nucleo separato e autonomo rispetto alle sezioni di pittura.
Sono in prevalenza stampe in bianco e nero, in gran parte scattate negli anni Ottanta e Novanta dallo studio fotografico milanese Perotti per documentare opere di Giulini. Zeri rivestì un ruolo fondamentale come consulente per la formazione della raccolta, assistito dal giovane restauratore Alberto Protopapa che, come documenta una lettera conservata nel fondo, procurava a Zeri le fotografie delle nuove acquisizioni del collezionista milanese.
L’insegnamento di Zeri guidò Protopapa non soltanto nello studio e nella cura della collezione Giulini, ma anche nella creazione, a partire dal 1990, di un fondo fotografico che aveva l’ambizione di offrire una documentazione sistematica e onnicomprensiva della pittura su pietra: un progetto bruscamente interrotto alla prematura scomparsa dello studioso, nel 1993. Composto da 377 fotografie interamente catalogate e consultabili online accanto a quelle Zeri, il fondo Protopapa include un corposo numero di carte che offrono informazioni essenziali anche su opere non illustrate da fototipi.
Nel loro insieme, il nucleo Zeri e il fondo Protopapa appaiono altamente rappresentativi di quanto di questa produzione è arrivato fino a noi, in particolare rispetto alle opere di piccolo formato destinate alla devozione e al collezionismo. Sono invece assenti le grandi pale su pietra eseguite per gli altari romani, le cui fotografie furono inserite da Zeri nella sezione Pittura Italiana e menzionate in un piccolo fascicolo di materiali documentari nel fondo Protopapa.
Il nucleo dedicato ai dipinti su vetro documenta 69 opere in gran parte conservate in collezioni private o passate sul mercato. Insieme a produzioni di incostante livello esecutivo, le fotografie documentano la straordinaria qualità artistica raggiunta in questo campo dalla scuola di Luca Giordano a Napoli, con i dipinti firmati da Carlo Garofalo e destinati al Re di Spagna. Nel nucleo sono presenti anche diapositive che illustrano la rara serie di Nature morte su vetro firmate Giuseppe Ruoppolo e opere settecentesche di finissima fattura, come il dipinto a olio su vetro la Lezione di musica che una perizia di Zeri attribuisce alla bottega di Pietro Longhi.
Il documentario cui Zeri consegnò il suo pensiero non ebbe diffusione pubblica essendo una produzione privata destinata al collezionista. Il suo contenuto, tuttavia, costituirà la traccia fondamentale per la mostra della collezione Giulini aperta nel 2000 a Palazzo Reale di Milano, Pietra dipinta. Tesori nascosti del 500 e del 600 da una collezione privata milanese, che diede avvio al progresso degli studi internazionali culminati nelle recenti iniziative promosse dalla Galleria Borghese di Roma.